E' successo neanche tanto tempo fa sulla landa carsica. Era una mattina al poligono di Opicina. Lo stridio della chiave nella serratura e la porta si è aperta. Entrarono un plotone della milizia fascista e cinque giovani ragazzi sloveni. E non era tanto lontano dalla landa di Basovizza. La distanza era di un paio di anni, la situazione la stessa. Da una parte le canne dei fucili, dall'altra giovani cuori sloveni, frementi per la libertà del proprio popolo e la sua dignità. In un silenzio mortale si è sentito qua e là qualche colpo di tosse, e il secco ordine ai carnefici: puntate! Ed era l'alba e stava nascendo un nuovo giorno. Era il 15 dicembre 1941 alle 8 e 5 minuti, quando il silenzio della landa è stato squarciato dagli spari. E cinque vittime sono cadute. E da molti cuori di queste terre si è levato un gemito. La porta si chiuse e la chiave sferragliò nuovamente, quando i corvi neri portarono via cinque salme per sepellirle lontano dalla loro terra natia.
E gli uccelli della libertà presero il volo, spaventati. Per ritornare un giorno a stormi sul Carso e infondere il loro canto di libertà. Fino alla vittoria ed alla liberazione. E posarsi sui sepolcri a Villorba di Treviso a rendere possibile il ritorno dei resti mortali nei cimiteri di casa in terra slovena. Ivan Vadnal, Viktor Bobek, Simon Kos, Ivan Ivančič in Pinko Tomažič trovarono così la loro requie. Erano le vittime del secondo processo di Trieste, la seconda farsa della giustizia fascista. Giustizia politica, dittatoriale. In quel processo vennero condannati 60 Sloveni.
Il secondo processo triestino davanti al Tribunale per la difesa della Patria si è tenne dal 2 al 14 dicembre 1941, allo scopo di intimorire e dimostrare la potenza fascista. I giornali lo avevano anticipato a caratteri cubitali nelle prime pagine:«Il processo contro i terroristi, che operavano ai confini della Patria«.
L'OVRA. La polizia segreta fascista con la sua rete di spie, reclutate anche tra gli Sloveni, aveva arrestato 299 attivisti, affigliati secondo loro al »Movimento antifscista illegale per liberazione nazionale e sociale degli Sloveni«.La maggior parte degli arrestati venne condannata già a marzo, altri 60 vennero consegnati al tribunale speciale di Trieste.
I capi di imputazione erano tre: uno per i 22 intellettuali di area liberale e cristiana, uno per 26 comunisti, funzionari o simpatizzanti del PCI, il terzo per 12 terroristi, membri del TIGR. L'accusa era di »aver preso parte alla cospirazione che, nonnostante le diverse origini ideologiche, univa i membri con un unico fine: distruggere l'integrità dello stato«. Il 14 dicembre 1941 alle 12 e 35 il tribunale fascista emanò le condanne, 9 sentenze di morte e 963 anni complessivi di carcere. Per Čermelj, Kavs, Sardoč e Ščuka la condanna a morte venne tramutata in ergastolo la note stessa, gli altri attesi dal plotone di esecuzione già la mattina seguente. Come terroristi, non come patrioti. E questa era una sofferenza ulteriore per gli accusati. Perchè terroristi ? E non patrioti?
La lettera che Simon Kos scrisse durante l'ultima notte del processo sottolinea proprio l'anelito patriotico che guidava l'insurrezione dei giovani di queste terre. »Miei cari, anche se non sono stato ancora condannato, non ho dubbi sul verdetto. Quando sarò morto vi chiedo, se ve lo permetteranno, di poter riposare nella nostra terra, tra i miei fratelli e un giorno anche tra voi, e spero che almeno questo desiderio mi venga esaudito. Se saprò che sarà così, potro attendere più sereno la morte. Davanti ai giudici terreni sono colpevole, ma davanti all'Onnipotente no, perchè Egli non ha vietato a nessuno di amare la propria patria.«
Come scrive Čedermac: Cosa farete ora, che vogliono togliervi la vostra lingua? Saprete difendere l'eredità dei vostri padri? O chinerete rassegnati il capo e abbaierete, perchè non avrete altro linguaggio?
Sembra incredibile che la grande Italia potesse condannare l'amor patrio espresso nella propria madrelingua. Quell'Italia dal patrimonio culturale costruito da grandi uomini come Dante, che chiamava con veemenza traditori quelli che preferivano una lingua straniera alla propria e sottolineava che amava la propria lingua perchè l'avevano amata i suoi genitori. Lingua madre. Lingua del cuore. Lingua del nostro Essere interiore.
Compagni, l'affermazione che qui sono stati fucilati quattro membri del TIGR ed un comunista non rende giustizia alla verità. Qui sono stati fucilati cinque patrioti, cinque giovani sloveni per i quali »difendere la casa paterna e la lingua materna« era un valore al di sopra di qualsiasi manipolazione politica o religiosa. Era questo che univa le loro azioni.
Grazie ad esso è arrivata la Libertà. La politica autoreferenziata divide, il sentito patriotismo unisce. Slovenia, cerca i tuoi modelli nel tuo popolo, non lasciarti abbagliare da sirene straniere.
Cari compagni, a nome della società TIGR mi inchino davanti ai patrioti fucilati. E' ormai tempo che si garantisca loro un monumento degno di loro, il Parco della memoria. Aperto di giorno e di notte. Libero come gli uccelli del Carso. Il movimento TIGR si impegna di sostenere con tutte le sue forze il comitato per il parco affinchè questo traguardo venga raggiunto. E mi auguro che oggi sia l'ultima volta che sentiremo lo stridio della chiave che isolerà per un altro anno il luogo della memoria dal mondo libero di cui è tanto fiera l'Europa.
In memoria dei cinque fucilati vi invito ad un minuto di silenzio... Gloria a loro !